Può capitare anche questo, in pieno Rinascimento Americano della Striscia Classica Sindacata. Arriva il primo volume della nuova edizione dell’immortale Prince Valiant di Harold Foster ad opera della Fantagraphics, con i primi due anni di produzione (Prince Valiant vol. I: 1937-1938 by Hal Foster, Fantagraphics books, 2009, 112 pagg., col., cm. 25,5 x 36, ril.) e lo sfogliamo con curiosità, ammirando subito la straordinaria resa dei colori (con qualche minima perplessità, diremo poi), la perfetta scelta della carta, il grande formato, la cura sopraffina dell’edizione. Rileggiamo dopo tanti anni la prima tavola, ma non certo con l’intenzione di affrontare di nuovo l’intera epopea del giovane Principe di Thule. Troppi pregiudizi ci frenano: i fumetti degli anni Trenta, anche i più grandi, sono ormai da leggersi eventualmente contestualizzati; troppo tempo è passato, affiora inevitabile l’ingenuità delle trame e anche del disegno; molti stereotipi (razziali, ideologici, ecc.) sono disgraziatamente da considerarsi scorretti; e via di questo passo. Càpita, invece, che dopo la prima tavola leggiamo affascinati la seconda, avvinti dall’intreccio e dalle sfaccettature psicologiche del personaggio, oltre che dallo strepitoso segno di Foster… E poi divoriamo la terza, la quarta e tutte le altre. Solleviamo la testa dopo un paio d’ore, affascinati, con la voglia di un secondo volume (che apparirà solo a primavera, ahimè) e sazi della soddisfazione di chi ha letto un gran romanzo. Com’è possibile? Poi ci ricordiamo di aver letto Valiant, l’ultima volta, quasi trent’anni fa, nell’edizione Conti, e in seguito di averlo solo guardato. E poi qualcosa di molto simile ci è successo, nei mesi scorsi, con Terry di Caniff e Dick Tracy di Gould. Altro che contestualizzazione, distacco critico, e altre cervellotici atteggiamenti mentali: Prince Valiant, oltre settant’anni (!) dopo la sua prima edizione sui quotidiani statunitensi, resta fresco, avvincente, godibile, e proprio niente affatto banale. E meravigliosamente disegnato, come abbiamo sempre saputo. Fatta questa lunga premessa, diciamo qualcosa su questa nuova edizione. Come spiega una nota in coda al volume, la fonte di quasi tutte le pagine è una collezione pressoché completa di prove di stampa. Il formato, la carta patinata semi matt, gli inchiostri, tutto fortunatamente contribuisce a una resa grafica strepitosa: tutt’altra cosa rispetto alla precedente edizione Fantagraphics, basata su di un’iniziativa europea, con i colori rifatti e il tratto ingrossato. Qui sembra di avere davanti una patinata d’epoca. Basta solo non osservare le vignette troppo da vicino, magari con una lente: perché allora scopriamo che il tratto nero è stato fotografato (scansionato) insieme al colore, con una perdita di “compattezza” che a quanto pare è lo scotto da pagare alle nuove tecniche di riproduzione. Ma basta allontanare gli occhi di qualche centimetro e tutto torna glorioso. Acquisto obbligatorio. [FdT è una rubrica di Leonardo Gori]
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