Il nuovo Spirou parla di nazi-fascismo, di Tintin et al.

Una vignetta piena di riferimenti vari, ai fascisti dell'epoca, a Leblanc, a Tintin, alla Storia ecc.Ci sono personaggi che grandi autori (Franquin in particolare, ma non solo) hanno fatto diventare talmente "ricchi dentro" da poter continuare a trovare nuovi autori in grado di tirarci fuori sempre di più. Altro che congelarli nel ricordo nostalgico del passato! E questo persino quando alcune delle nuove avventure sono ambientate nel passato, nella Storia vera. Parliamo, naturalmente, di Spirou. Un nuovo episodio è in uscita, scritto da Yann e disegnato da Schwartz, ambientato, stavolta, nel Belgio del 1942, in un'avventura alle prese col nazismo, mica scherzi. Una efficace linea chiara, per questo one-shot, un mix di humour e realismo, le torture ai prigionieri della Resistenza belga rappresentate in modo da poter essere proposte anche ai lettori più giovani, senza tradire la verità storica. E qua e là degli inside jokes incomprensibili per la maggior parte degli eventuali lettori italiani, come a pagina 43, nella prigione in cui i nazisti hanno richiusto, per torturarli, alcuni partigiani tra i quali scopriamo un tal Raymond Leblanc (sì proprio l'editore che creò la casa editrice Lombard e pubblicò la rivista Tintin nel primo dopoguerra) che ride a crepapelle, in galera, leggendo una gag col professor Girasole, dalle strisce di Tintin pubblicate sul quotidiano Le Soir, allora gestito a forza dai nazisti invasori. Un compagno di cella lo sgrida perché osa divertirsi coi fumetti di un maledetto collaborazionista (Hergé) e i resistenti incarcerati si dividono in due gruppi: i sostenitori della tesi dell'Hergé collaborazionista e quelli, con Leblanc, che ritengono invece che quelle strisce (sia pure su un giornale "occupato" dagli invasori) portino qualche breve momento di divertimento Copertina del numero di Spirou che ospita l'avventura coi nazistinei lettori, bambini e adulti, in periodi tanto terribili. Nascosta in una singola tavola è la drammatica diatriba che infuriò realmente sia in quegli anni di occupazione, sia subito dopo la guerra, quando Hergé sicuramente pensò in alcuni momenti che avrebbe fatto la stessa fine (definitiva) di alcuni suoi amici fortemente compromessi (o coinvolti direttamente) col fascismo e col nazismo. Pensò anche di fuggire in Sud America e forse lo avrebbe fatto, se proprio Leblanc non avesse bussato un giorno a casa sua per proporgli di fare una rivista intitolata al suo Tintin, garantendogli quel "certificato di civismo" che lo avrebbe infine riaccreditato nella società civile, liberandolo da ogni accusa di collaborazionismo. L'albo promette di essere ben denso di contenuti, oltre che di avventura e humour. Potete vederne qualche tavola in anteprima e ascoltare le interviste agli autori, facendo click sulle immagini qui accanto.

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